Stefano Agostino Emilio Leoni (Genova, 1958), è stato a lungo docente di Storia della Musica e Storia ed Estetica Musicale presso il Conservatorio di Musica di Alessandria (1983-2000) ed è passato quindi al Conservatorio di Musica “G. Verdi” di Torino come titolare della cattedra di Musicologia Sistematica. Ha qui creato e diretto per alcuni anni il Dipartimento di Teoria, Analisi e Musicologia ed è stato referente del Corso di Diploma Accademico di Primo e di Secondo Livello in Composizione con indirizzo Scienze Storiche, Critiche e Analitiche della Musica. Ha organizzato e diretto la Summer School “Musica con Vista” del Conservatorio realizzata negli anni 2018 e 2019 a Stella (SV). Ha insegnato Storia della Musica e Musica per lo Spettacolo presso  l’Università degli Studi di Urbino “C.Bo” ed Estetica della Musica presso il corso di laurea magistrale CAM dell’Università di Torino. E’ in quiescenza dal novembre 2022.

Già direttore editoriale della Rugginenti Editore di Milano, è stato per un breve periodo (2003) consulente scientifico-editoriale della Fondazione Teatro Carlo Felice di Genova.

Dal 1994 è stato Coordinatore del Seminario Permanente di Filosofia e Sociologia della Musica della Associazione Nuova Civiltà della Macchine di Forlì e, dal 2004 al 2010, Direttore del LaMusa, Laboratorio di Musica e Sociologia delle Arti, presso la Facoltà di Sociologia dell’Università degli Studi di Urbino “C.Bo”. Presso tale Ateneo ha svolto attività didattica come docente a contratto per corsi integrativi in seno alle cattedre di Antropologia, Metodologia delle Scienze Umane e di Sociologia delle Arti e della Letteratura. Per diversi anni è stato professore incaricato del corso di Storia della Musica in questa Università, prima nella Facoltà di Lingue e Letterature Straniere (2009-2012), poi  nella Facoltà di Lettere e Filosofia, quindi presso il DiSCum, Scuola di Lettere e dei Beni Culturali.

Attualmente è Visiting Lecturer presso la Winter School “The Italian Renaissance: Art,  Literature, Politic Thought” dell’Università di Urbino, ed è inoltre membro del LCA, Lab for the Culture of the Artificial sempre dell’Università di Urbino.

Ha tenuto lezioni e conferenze presso varie istituzioni accademiche, università (Genova, Torino, Palermo, Bologna, Napoli Federico II), fondazioni e scuole di musica antica in Italia e all’estero. Insegna Acustica e psicoacustica e Estetica della Musica nei corsi di Formazione per Musicoterapisti Confiam.

Visiting professor Erasmus presso il Real Conservatorio Superior de Música Victoria Eugenia di Granada (a.a. 2006/07), presso il Real Conservatorio Superior de Música de Madrid (a.a. 2007/08), l’ITU Turkish Music State Conservatory di Istanbul (a.a. 2012/13) e il Conservatorio Superior de Música de Canarias (aa.aa. 2017/18 e 2021/22). Ha al suo attivo come autore, curatore o traduttore, un centinaio di pubblicazioni edite in Italia, Francia, Svizzera, Austria, Gran Bretagna, USA, Croazia …) e relative, soprattutto, ai rapporti tra pensiero musicale e pensiero scientifico, all’immaginario musicale, al mondo musicale arabo-islamico e all’orientalismo e all’esotismo in musica.

Ha collaborato, tra l’altro, a:

Nuova Enciclopedia della Musica Garzanti

Dizionario Enciclopedico Universale della Musica e dei Musicisti  (UTET)

The New Grove Dictionary of Music and Musicians

Oxford Encyclopedia of the Modern World

Oxford Encyclopedia of the Islamic World

Oxford Encyclopedia of Philosophy, Science, and Technology in Islam

Cultural Sociology of the Middle East, Asia and Africa: An Encyclopedia, SAGE Publication

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Ama scrivere di sé:

«… in verità, sono sostanzialmente e professionalmente un “non-appartenente”; per qualche anno, onde evitare questioni, sono stato iscritto all’American Musicological Society, rifiutandomi però programmaticamente di votare per eleggerne le cariche direttive. Poi ho tralasciato anche questo: i volumi del JAMS, il loro Journal, si trovano in biblioteca.

Ho scarsi rapporti con la musicologia istituzionale e/o accademica italiana, salvo quelli con alcuni stimabili amici, e credo d’esser ricambiato o, al più, beatamente ignorato dalla musicologia di cui sopra. Malgrado questo, ritengo di essere uno studioso sufficientemente serio, magari un poco disorganico e troppo interessato alla vita più ancora che alla musica (forse è per questo che mi piace John Cage) e un discreto didatta, per quel che vale.

“If you develop an ear for sounds that are musical it is like developing an ego. You begin to refuse sounds that are not musical and that way cut yourself off from a good deal of experience” (J. Cage).

Mi sono occupato dei rapporti tra pensiero scientifico e pensiero musicale, approfondendo lo studio della trattatistica musicale europea, quindi medio-orientale (in lingua araba); ho poi affrontato aspetti dell’immaginario musicale (soprattutto quello dell’Occidente nei confronti dell’Oriente), dell’orientalismo e dell’esotismo in musica.

Parallelamente ho avviato riflessioni relative al delicato rapporto tra opera, esecutore e fruitore/utente, sia dal punto di vista estetologico che sociologico; ma poi sono un curioso patologico, e ho annusato anche altro. Mi sono così ritrovato inevitabilmente vicino alle posizioni metodologiche della cosiddetta New Musicology americana e ai Cultural Studies.

“I can’t understand why people are frightened of new ideas. I’m frightened of the old ones” (J. Cage)»

Lettera di dimissioni dalla carica di vicedirettore del Conservatorio di Torino in data 20 settembre 2021

Stella Gameragna, 20 settembre 2021

Al M° Francesco Pennarola

Direttore del Conservatorio Statale di Musica G. Verdi Torino

sua sede

oggetto: dimissioni dall’incarico di vicedirettore del Conservatorio

Caro Direttore,

in questo anno passato a lavorare fianco a fianco ho avuto modo di apprezzare la tua correttezza, l’equilibrio e il senso dell’istituzione, l’umanità e lo spirito che sovente hai dimostrato.

Mi trovo ora, con l’emanazione delle norme che limitano l’accesso alle strutture universitarie e Afam note come Green Pass, in una posizione difficile, che mi pone un grande problema di coscienza. 

Di fronte alle narrazioni riguardanti la pandemia in corso e le cure o profilassi relative, sempre più si fanno in me strada i dubbi di opacità, tendenziosità, quando non di omertà o di effettiva disinformazione; anche in considerazione della prassi consolidata che ha riguardato appunto le “narrazioni” istituzionali che il sistema ha messo in atto nel Paese da diverse decine di anni in merito a accadimenti e periodi particolarmente critici del passato.

A prescindere però da ogni considerazione di questo tipo, che solo la Storia potrà forse chiarire, trovo che l’imposizione surrettizia di un obbligo alla vaccinazione o a pratiche comunque costose e invasive per l’accesso a luoghi di studio, di ricerca e di libera espressione del pensiero come le università, le accademie e i conservatori, rappresenti un arbitrio che, seppur fondato tecnicamente su norme di legge, non esito a definire eticamente disdicevole ed in contrasto proprio con i principi che il sistema educativo dovrebbe diffondere e difendere. In contrasto con quello che a mio giudizio  dovrebbe essere un Istituto Superiore di Studi Musicali: uno spazio libero, aperto e inclusivo. 

Inutile dire che rispetto ogni scelta personale in relazione alla vaccinazione o non vaccinazione, soprattutto se effettuata in libertà e con adeguata informazione di merito. Ma vedo intorno a me una deriva fatta di propaganda proterva e arrogante e di discorsi a senso unico, tesi a gettare discredito su ogni posizione critica, foss’anche la più garbata e scientificamente quanto metodologicamente corretta, una propaganda ultimamente mirata perfino a tacitare forzosamente ogni voce dissenziente, là dove il contraddittorio è sempre stato il sale della democrazia. La realtà è sempre complessa e come tale andrebbe indagata e letta, in primo luogo dalla scienza, per distinguere sempre la doxa dall’episteme, evitando le semplificazioni o gli slogan, nemici della ragione. 

Se poi prevale la logica del maramaldeggiare, ne prendo atto con dispiacere, prima di tutto come cittadino. 

Non arrivo a affermazioni come quella di Giorgio Agamben, che pur sento vicino come estetologo ad estetologo, ma credo che essa meriti un’attenta riflessione per l’oggi e per il domani; riflessione che ogni docente che si rivolge agli adulti del futuro dovrebbe fare: «L’Italia, come laboratorio politico dell’Occidente, in cui si elaborano in anticipo nella loro forma estrema le strategie dei poteri dominanti, è oggi un paese umanamente e politicamente in sfacelo, in cui una tirannide senza scrupoli e decisa a tutto si è alleata con una massa in preda a un terrore pseudoreligioso, pronta a sacrificare non soltanto quelle che si chiamavano un tempo libertà costituzionali, ma persino ogni calore nelle relazioni umane».

Per quel che rigarda la mia persona non ho preoccupazioni dirette: ho molta più vita alle spalle che davanti a me. Non vedrò il tempo in cui si chiariranno le cose, si capiranno le strategie, le tattiche, i giochi di potere ed economici, i vizi antropologici che da quasi due anni stanno imperversando. Ci vorranno ancora lustri per capire, per “svelare”, per indagare con la giusta prospettiva storico-critica.

Considero questa una crisi non semplicemente sanitaria, ma di sistema. Dell’amministrazione di questa crisi fa parte l’istituzione del certificato verde, che a mio avviso rappresenta, al pari di ogni analogo lasciapassare, uno strumento di restituzione condizionata, nella forma di concessioni, di quelle che precedentemente erano libertà. 

La mia impressione, ovviamente da non-giurista, è che il c.d. “Green Pass” sia un abominio dal punto di vista legale, costituzionale, normativo (è in conflitto con gli artt. 3, 16, 32 della Costituzione Italiana e con il Regolamento U.E. 953/2021, n. 10), carente e confusionario sotto il profilo giuridico, giacché investe i Direttori Afam, i Rettori e Direttori di Dipartimento universitari di attribuzioni e competenze non di loro pertinenza. Non solo, è una forma surrettizia di coercizione e adesione forzata alla “campagna vaccinale”, istituendo de facto una pressione indebita su lavoratori (docenti, personale ATA) e studenti, inducendoli a sottoporsi all’inoculazione di un siero genico sperimentale dalla efficacia non ancora esattamente definita nella limitazione dei contagi e delle ospedalizzazioni e dagli effetti collaterali ignoti o colpevolmente ignorati (vedi la questione della farmacovigilanza passiva e non attiva). 

Il certificato verde non sembra dirimente dal punto di vista della sicurezza sul posto di lavoro e di studio. Il rischio di contrarre e di diffondere la malattia nonostante l’immunizzazione comunque par bene esistere. Mi affido, da non esperto del settore, a fonti tendenzialmente accettate in termini istituzionali: la rivista «Nature» che sull’argomento dedica un recente articolo che cita studi  in questo senso dell’University of Wisconsin-Madison, dell’US Centers for Disease Control and Prevention, dello Houston Methodist Hospital, dell’Imperial College di Londra ed altri. 

Il c.d. Green Pass appare allora come uno strumento inadeguato per impedire il contagio, se ragioniamo di vaccinati. I tamponi, nella misura in cui i loro risultati sono istruttivi (e ci sono forti dubbi, anche formulati dall’OMS, al riguardo), dovrebbero essere non solo il meno possibile invasivi (cioè salivari), ma anche estesi a tutti a campione, inclusi i vaccinati, e gratuiti (come appunto i vaccini). 

Ecco quanto sostenuto (tra gli altri) da Mariano Bizzarri della Sapienza di Roma: «il green pass non ha alcun fondamento scientifico e serve solo a discriminare chi non si vaccina». Lo stesso Andrea Crisanti, fautore della linea del governo, ha dichiarato: «Bisogna essere chiari e onesti con i cittadini, per evitare fraintendimenti. Perché sicuramente i casi non diminuiranno dopo l’implementazione» di questo strumento «e chi è contrario potrà dire che non serviva a nulla. L’utilità è convincere le persone a vaccinarsi». E si consideri l’ancor recente episodio riguardante i circa 50.000 partecipanti al Boardmasters Festival nel Regno Unito.

Se dunque rispetto le idee di chi pensa, in buona fede, che il dispositivo c.d. Green Pass nasca e viva in funzione dell’emergenza sanitaria, ritengo invece che esso rappresenti un veicolo attraverso il quale procedere all’infrastrutturazione di un sistema di controllo e di credito sociale che oggi ha un requisito obbligatorio di natura sanitaria, ma domani sarà capace di incorporarne altri e ulteriori.

Non sento alcun dovere morale di aderire a un sistema così concepito, che rappresenta comunque, anche volendo prescindere dalle intenzioni di coloro che lo hanno introdotto, un cavallo di Troia il cui contenuto è trasparente, per chi ne abbia studiato gli omologhi del passato. Il dovere morale che sento riguarda invece l’esercizio della mia professione di insegnante, che in accordo con l’articolo 54 della Costituzione sono tenuto a svolgere “con disciplina”, fino a quando quest’ultima non contrasterà con il requisito dell’ “onore” e con la fedeltà alla Costituzione stessa. 

I docenti universitari e Afam e la didattica tradizionale sono oggi strumentalizzati per indurre i giovani a fare qualcosa che per essi potrebbe essere causa di danno sanitario superiore a quello che la “vaccinazione”, vale a dire il trattamento con un siero genico sperimentale e autorizzato in via emergenziale, pretenderebbe di prevenire. In altre parole, noi docenti siamo usati come specchietti per le allodole allo scopo di condizionare i nostri studenti a “vaccinarsi”, quando invece è loro diritto (riconosciuto a livello di leggi nazionali, europee e internazionali) deciderlo sulla base di un «consenso libero e informato».

In piena sincerità qui ti scrivo, nella consapevolezza che è anche la tua figura a essere investita e in non piccola parte snaturata da questo “nuovo corso”. 

Son queste alcune delle considerazioni che mi portano a rimettere nelle tue mani, a far data da oggi e senza alcuna possibilità di ripensamento, l’incarico di vicedirettore del Conservatorio: per non sentirmi in qualche modo, come rappresentante dell’Istituzione, corresponsabile moralmente.

Certo: è necessario rispettare le leggi, ma si può, e per quel che mi riguarda si deve, almeno prenderne le distanze e denunciarne l’anomalia e l’aberrazione se si ritiene, in scienza e coscienza, che vi siano. 

Condivido, con altri, quanto già sosteneva Sant’Agostino, quando scriveva che la legge non è distinguibile in alcun modo dall’arbitrio, una volta che viene separata dalla giustizia. Credo che ogni docente debba decidere come agire sulla base della propria coscienza etica e storica. Per quel che mi riguarda si tratta (citando il collega Marco Villoresi dell’Università di Firenze nelle righe che seguono) della «scelta di scegliere» indipendentemente dalle conseguenze, quella che «investe le condizioni di possibilità di ogni eventuale scelta, a partire dalla propria. Da qui la sua forza, ma anche la sua pericolosità e il suo rischio» (Giulio Giorello, Di nessuna chiesa. La libertà del laico). Sembra un atto di patetico integralismo intellettusale a vocazione pubblica, ma è tutt’altro: è un atto di necessità interiore, è la resistenza individuale, privata e obbligata, di chi intende, insieme alla sua libertà, conservare il rispetto di sé. 

Nel ringraziarti per l’attenzione dedicatami, ti abbraccio con immutato affetto e stima e ti auguro buon lavoro

Stefano Leoni

docente settore CODM/03, Musicologia sistematica Conservatorio Statale di Musica G.Verdi Torino